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Febbraio 2020


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immagine di copertina Scintille: il senso della memoria e il dovere del teatro

Scintille: il senso della memoria e il dovere del teatro

Critica
di Eleonora Lezzi*

Una storia di donne, una storia di lavoro e
di sfruttamento, una storia di povertà e migrazione. Una storia attuale,
tragicamente e sorprendentemente attuale. E’ questo che l’autrice Laura
Scignano ci racconta con il suo Scintille attraverso la voce e i gesti di una
Laura Curino che si fa simbolo e persona.

Se non fosse per il costume secondo la moda
dell’epoca e per quelle vecchie macchine da cucire messe lì sulla scena, le
oggi tanto ricercate e alla moda Singer…se non fosse per quella singola lampada
ad olio che alla fine dello spettacolo si accenderà infondendo nella sala
l’odore  pungente del petrolio, potremmo
tranquillamente pensare che quella raccontata sia la storia di una delle tante
fabbriche tessili che oggi sfornano gli abiti che noi stessi indossiamo. Ma non
è così. Siamo all’inizio del ‘900, siamo a New York, siamo “all’America”; il
Sogno trasformatosi in un incubo.

Caterina, Lucia e Rosa Maltese diventano,
grazie ad una infaticabile e coinvolgente Laura Curino, la voce delle  146 vittime di quella scintilla che alle
16:40 del 25 marzo 1911 bruciò l’ottavo piano della fabbrica di camicette nella
quale lavoravano.

Il filo delle parole scorre veloce da una
all’altra, cuce e scuce legami, svela le complicità e i dissidi tra una madre e
le figlie, tra due sorelle, tra colleghe; ricama nitido il dissidio stridente
tra la necessità e la povertà che ti portano ad accettare qualsiasi condizione
e il bisogno di tornare a sentirsi umani, a veder riconosciuti i propri
diritti. Un ritornello che ci è abbastanza familiare, anche oggi.

Il tempo scorre, le parole si susseguono, i
toni caldi delle luci materializzano perfettamente sulla scena un tempo e uno
spazio che avvolgono lo spettatore in un calore che non è familiare, che non è
accogliente e confortante ma è un calore soffocante e claustrofobico, un calore
di fuoco, fumo e polvere mischiati insieme.

Si innesca la scintilla e tutto precipita, è
un attimo. All’inizio si fa fatica a realizzare quello che in realtà sta
succedendo, a comprendere e a sentire la trappola mortale; il racconto nelle
parole della Curino scivola con lucidità. In un attimo ti trovi ad essere
trascinata dalla folla che cerca disperatamente una via di fuga. La tensione
sale… Caterina, madre forte come una roccia, lotta controcorrente per salvare
le sue figlie. Deve credere che si salveranno, non le può abbandonare e non
puoi abbandonarle neanche tu! La commistione tra la bravura attoriale di Laura
Curino e la bravura autoriale e registica di Laura Scignano fa si che diventino
un po’ figlie e sorelle anche per te. La speranza si trasforma in stretta allo
stomaco quando per Lucia e Rosa lentamente si materializza la consapevolezza
dell’inevitabile che lascia fantasmi senza vita e ombre fredde; le luci
cambiano, impallidisce l’immagine, quella che percepiamo non è più la paura, ma
il terrore. La consapevolezza di essere le vittime sacrificali di
un’ingiustizia ma anche la speranza, viva fino alla fine, di Lucia che, proprio
grazie a quel sacrificio, le cose possano ancora cambiare.

Laura Curino passa da una all’altra, prima è
madre, poi figlia, poi adolescente, poi cento persone e anche di più, ma tutto
avviene senza caos e senza disordine. Agisce e parla con delicatezza, senza
eccessi, anche quando deve rappresentare una madre dura, d’altri tempi, una di
quella a cui la vita non ha riservato di certo tante carezze, o quando da un
momento all’altro cambia e diventa un’adolescente piena di vitalità e
speranze  o ancora quando inizia quel
vortice di eventi che porteranno al dramma…un’azione di una tensione forte che
esploderà poi, sempre con tenera delicatezza, nella voce ferita e svuotata di
una madre a cui la vita è sfuggita via dalle mani.

Nel buio della sala qualcuno piange, si
sentono i sussulti e si intravedono gli occhi lucidi. D’improvviso le figure
fino a quel momento solo evocate delle tante vittime diventano nomi, cognomi,
età; diventano donne e ragazze, potremmo dire bambine, ma anche di uomini. Una
cascata di nomi che alla fine si intrecciano e si mescolano affinché il ricordo
diventi valore concreto e non si dissolva nella massa indistinta e nei numeri.
I numeri sono per gli oggetti e non per le persone, non per donne e uomini con
proprie identità, con desideri, caratteri unici e insostituibili ciascuno con
un suo sogno e una speranza in quella terra nuova tanto lontana da casa.

Tutto infranto, tutto distrutto nell’attimo
di una piccola semplice scintilla.

La riflessione sul presente è inevitabile e
ti accompagna per tutto il tempo.

Alla fine dello spettacolo, durante
l’incontro con Laura Curino, qualcuno chiederà : “ma se la storia si ripete,
questa cosa del ricordare, di commemorare, serve davvero? ”

“ Beh, risponderà lei con una semplicità
disarmante – abbiamo altri strumenti noi?”

*Progetto Giovani Sguardi

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