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Novembre 2023


28 apr

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immagine di copertina Vivere ancora di filosofia

Vivere ancora di filosofia

Visioni
di Gigi Mangia

l 16 novembre é la giornata mondiale del filosofo, una figura ancora viva e utile al pensiero che resiste nel tempo che ci aiuta a superare la crisi e la paura dell’intelligenza artificiale.

La scuola e tutta la Accademia sono coinvolte nell’ approfondire il ruolo dell’intelligenza artificiale e in particolare la crisi dell’uomo il quale si sente privato dei mezzi dell’intelligenza e quindi dell’esercizio del pensiero.

Pensare vuol dire indagare, stabilire relazioni, dialogare con diverso, tessere il filo dell’essere. L’intelligenza artificiale sicuramente risolve moltissimi problemi, scrive testi, progetta paesaggi, risolve teoremi; il limite dell’intelligenza artificiale é quello di non avere la soggettività cioé l’intelligenza artificiale non é soggetto e quindi manca di coscienza, non ha il metro della valutazione.

Al contrario il filosofo si muove interrogando l’uomo, affronta i suoi problemi, lo accompagna nel suo percorso del tempo, lo guida nell’intelligenza.

La giornata mondiale del filosofo certifica ancor di più l’importanza della filosofia e il ruolo di maestro del filosofo. Sono passati secoli ma Socrate é ancora vivo ed é utilissimo al nostro tempo ancor di più per non subire la paura dell’intelligenza artificiale ma trovare modi e tempi per discutere nella scuola che non ha paura e sente invece di avere un grande ruolo nel progettare il futuro che vogliamo essere.

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La striscia di Gaza diventa terra di inferno

Visioni
di Gigi mangia

In Palestina, nella terra d’inferno, é sospesa la vita, si é spenta la ragione, c’è solo sante, odio, morte e violenza. Il numero dei palestinesi morti ha raggiunto 11 mila : 3350 sono bambini, 2700 donne, è più di 27000 sono i feriti.

Nella terra del Medio oriente dove le religioni monoteiste, ebraica, cristiana e islamica, spesso sono coinvolte dalla politica e la guerra diventa devastante, il tempo di vita sospeso. Sono ormai 50000 le donne incinta e per loro partorire vuol dire superare condizioni esasperate indicibili, sfidare la morte perché le donne partoriscono lungo le strade, tra le macerie e abortiscono a causa del freddo e della fame.

Negli ospedali non c’é posto, manca l’energia e le sale parto sono inutilizzabili a causa delle bombe. La violenza cieca della guerra non risparmia e colpisce la vita dei bambini. La città di Gaza é un cimitero di bambini, infatti più di tutti , sono i bambini a pagare la guerra con la loro vita. Per loro dal Cielo non arrivano sogni ma bombe, non ci sono stelle. Il rumore delle bombe, di 900kg proibite da sganciare nei centri abitati, riempié di terrore il buio della notte.

L’aria ha il sapore dell’odio, l’odore del sangue innocente. I bambini senza sogni conoscono solo la paura della guerra nel buio freddo e disperato, senza avere un letto e il conforto caldo delle braccia della mamma. Ai bambini palestinesi la guerra ha tolto il cielo, ha negato l’acqua e il pane e ha dato loro l’odio come vita, solo che i bambini non sanno odiare, sono solo capaci di amare. Chiedere la fine della guerra e il riparo dei bambini innocenti che la subiscono non é praticare una facile utopia, al contrario manifestare un vero desiderio di pace, di rispetto della vita di chi é nato per non odiare l’altro.
Stiamo male e subiamo il presente da sconfitti. Certo vivere in un mondo pieno di guerre vuol dire abitare un tempo infelice e vedere sempre più lontano il futuro. Ormai i morti sono troppi ed é urgente perció fermare la guerra che puó portare soltanto l’odio tra i popoli e quindi favorire la guerra voluta da Hamas.

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immagine di copertina Hamas

Hamas

Visioni
di Gigi Mangia

Hamas usa il corpo come arma di guerra, lo svuota del valore, lo priva dell’umano. Lo fecero i nazisti nella guerra agli ebrei. Il corpo diventa arma di paura, disorienta la ragione, togliendole ogni fiducia. Il video in rete delle donne ostaggio di Hamas serve per colpevolizzare Israele per la sua incapacità di liberare gli ostaggi e nel frattempo la forza , la fiducia dei miliziani islamici al leader di Hamas. Per i sequestrati la morte è certa, per noi la loro liberazione è una guerra persa. Nel suo articolo pubblicato su La stampa, Domenico Chirico lo descrive con straordinaria lucidità anche perché egli stesso è stato prigioniero come ostaggio di guerra.

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immagine di copertina Silvia. Matteo. Gayan.

Silvia. Matteo. Gayan.

Visioni
di Adania Shibli

*Racconto scritto nell’ambito di Jawla Fi Salento, Diario mediterraneo tra Jonio, Adriatico e Capo di Leuca Incontri letterari realizzati a cura di Monica Ruocco per Teatro dei Luoghi/Fineterra 2017

Silvia

Il giorno che entrò in mare, lasciò crescere una delle sue unghie. 

Subito dopo smarrì le linee dei suoi passi. Sulla barca, il costante dondolio è diventato parte integrante del suo corpo, per le correzioni che si devono al movimento del mare. Veleggiando, questo movimento costante è diventato poi l’essenza della sua libertà, ciò che rimette in gioco le possibilità ad ogni deviazione della rotta e ad ogni salto di vento. 

A volte il mare si cheta e lo sciabordio della barca svanisce, a volte invece infuria e scuote la mente. Allora quando il bianco delle onde si rompe sulla fiancata e il vento strazia le sue orecchie e affoga le sue urla, lei pensa alla paura.

La cosa più spaventosa in mare è la notte. Un manto nero che avvolge il mondo, trafitto solo da piccoli aghi di luce tremolante. Se invece nuvole pesanti riempiono l’aria intorno, il nero diventa profondo come la paura, fino a che la comparsa del sole la fa evaporare. 

Con il sole appare la terra a galleggiare sulla foschia lontana. Dai confini della terra onde marroni, gialle e verdi salgono al cielo. Lo stesso vento che muove le sue vele, scuote adesso quei fianchi marroni, gialli e verdi. E lei una donna del mare è spinta dolcemente verso la baia tranquilla. 

Lei guarda l’unghia lunga del suo mignolino, è diventata rossa come i suoi capelli. Per tutte le volte che l’ha usata a grattare via i fiori di ruggine sulla sua bussola. Lei torna a vivere grattando via questo rosso dall’unghia, così i suoi continui movimenti e quelli a venire saranno conseguenza della musica piuttosto che delle onde. 

Matteo

Il costante dondolio è quello dei suoi passi mai rettilinei, per le correzioni che si pagano ad un terreno volubile. Questo movimento costante è l’essenza della sua libertà, ciò che rimette in gioco le possibilità ad ogni deviazione della rotta e ad ogni salto di vento. Lui continua a battere il tamburo fra le sue mani. All’inizio sente il mare suonare, le sartie come le corde di un violino e i fianchi della barca come la pelle di un tamburo. Poi l’acqua sparisce nel vento del nord o del sud, disegnando cosi il confine della costa. Sulla terra, un mare giallo di tabacco raccolto e di campi di grano, ricorda il sole, sotto i cui colpi la pelle dei contadini è diventata marrone, come ruggine. Ma un giorno i contadini del casale di Carignano si sono ribellati, nella terra dell’Arneo negli anni 50’, come gli  aveva insegnato a fare il corpo delle tarantateattraverso gli anni, stagione dopo stagione. Quella volta, con il movimento dei corpi dei contadini, al posto della pizzica si udirono i colpi dei proiettili, sparati dai soldati che vennero a fermarli. Quei fottuti soldati come si direbbe ad un amico. Con la sua musica, lui calmerà il rancore di chi cammina diritto, degli uomini e delle donne che lavorano duramente. Il vento che viene dal sud, essi lo malediranno per averli resi cupi e volitivi, e se verrà dal nord seccherà i loro cuori come fa con i campi d’estate. Stanchi, morsi o depressi, sotto l’effetto di questi umori diversi balleranno la sua musica, leggeri come la schiuma. Ma un’altra raccolta li aspetta e a ricordarglielo ci sono le verdi onde sui vigneti. Una volta che il sole avrà riempito i grappoli, essi saranno spediti al nord. Soltanto un po’ resterà per questi contadini, solo un pò da spremere dentro le bottiglie. Assaggiando quel vino essi si sentono per un momento dei conti o delle contesse ad un ballo, e cosi sparisce in bocca il sapore amaro delle loro vite.      

Gayan

Quando chiude i suoi occhi, sente l’acqua gorgogliare sotto di se, poi il rumore forte delle onde gli ricorda la paura. Non la sua paura, che come un legno secco non riverbera, ma quella degli uomini che il mare lo attraversano per disperazione. Come fanno a non impazzire davanti alla furia del mare, che è solo un eco degli inferi profondi che si stendono sotto di essi? L’acqua che ha portato con se è finita da tempo. Sotto i colpi del sole si è fatta nuvola, prima di riapparire lontano come veleno. Come la ruggine che si rannicchia sotto il radiatore del bagno dell’hotel, dove lui ne combatte l’espansione da piccoli puntini in ampie macchie. Lui li friziona gentilmente, con pezze asciutte ogni giorno, come fossero i suoi animali. La ruggine origina da un fenomeno di corrosione dei materiali ferrosi, favorito dall’ossigeno. L’ossidazione ha bisogno di un mezzo, come l’acqua, per avvenire. Il sale nell’acqua velocizza il processo come un catalizzatore.

Anche la luce ultravioletta del sole, contribuisce al processo, provocando lo sbiancamento del metallo. Cosi lui combatte ogni giorno con il mare, il sole e il vento. Quando finisce, come può, di frizionare le macchie di ruggine, corre nella sala da pranzo dell’hotel, per servire il cibo e il vino ai clienti. Prima della fine del suo turno, riesce, a volte, a salvare un po’ di vino per se, per far sparire il sapore amaro dei rimproveri che il capo versa generosamente sul suo animo stanco.

Questo costante dondolio è quello dei suoi passi ora non più rettilinei, per le correzioni che si pagano ad un pavimento volubile, bevendo del vino. Questo movimento è l’essenza della sua libertà, ciò che rimette in gioco le possibilità ad ogni deviazione della rotta e ad ogni salto di vento. Lui continua a pulire la sala da pranzo. 

Adania Shibli, scrittrice palestinese. Laureata in Comunicazione e Giornalismo presso l’Università Ebraica di Gerusalemme, con un dottorato in media e studi culturali presso la University of East London, Adania Shibli è una delle autrici comprese nell’elenco dei giovani scrittori di lingua araba più promettenti individuati dal progetto Beirut39. In Italia sono state tradotte e pubblicate due sue opere: Sensi e Pallidi segni di quiete, che raccoglie alcuni suoi racconti.

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immagine di copertina La lotta contro la fame nel mondo

La lotta contro la fame nel mondo

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di Gigi Mangia

Il 16 ottobre é stata la giornata internazionale dell’alimentazione, una giornata di riflessione sulla lotta della fame nel mondo
Uno dei diritti umani fondamentali negato é quello dell’alimentazione, se milioni non hanno cibo , il 30% viene sprecato e milioni di bambini muoiono di fame. Il grande problema dell’agricoltura è quello dello sfruttamento della terra e dello spreco dell’acqua.

Bisogna rivoluzionare il sistema di produrre e capire che : la salute dell’uomo é possibile solo se ci si impegna per la difesa della salute del pianeta. Questo principio non é un’idea utopica di speranza ma una visione consapevole della crisi climatica fortemente minacciosa della salute della vita nel pianeta. Si impone una rigenerazione profonda del sistema da raccontare con parole Francescane nelle scuole, nei musei, nelle biblioteche per educare le nuove generazioni ad avere amore e rispetto verso la natura. Dobbiamo tutti sentirci impegnati a promuovere un modello di ecologia culturale che spinga gli Stati a promuovere i diritti universali dell’uomo.

La globalizzazione dei diritti universali dell’uomo é possibile sono se dichiariamo come diritto universale il demanio del pianeta per curare i boschi e le foreste; la tutela dei ghiacciai; la difesa del mare; la lotta allo spreco dell’acqua; la violazione e l’impiego dei veleni nell’agricoltura. L’impegno civile della lotta contro la fame dipende dall’uomo il quale ha perso la ragione perdendo le parole più importanti per orientare l’educazione delle nuove generazioni ad avere rispetto della natura. La natura verso l’uomo non usa vendetta ma chiede invece rispetto e conoscenza. Per costruire un futuro dei popoli senza fame bisogna cambiare il nostro comportamento, come continuare a vivere il tempo e occupare lo spazio. La terra ci chiede di agire e di non stare fermi.

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immagine di copertina Lampada Lux pacis <br>nella terra di Don Tonino Bello , Santa Maria di Leuca

Lampada Lux pacis
nella terra di Don Tonino Bello , Santa Maria di Leuca

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di Gigi Mangia

Entrando nel Santuario di Santa Maria di Leuca, troviamo: il quadro della Santa con la lampada “lux pacis”.
Lux pacis sono parole che appartengono alla lingua latina, la quale è stata il fondamento del cristianesimo e della cultura della civiltà dei popoli d’Europa. Lux pacis sono parole vive, importanti e ancora necessarie per il nostro tempo. Sono parole che non invecchiano con il tempo, sono parole verticali, utili per noi perchè hanno la funzione di essere il farmaco del pensiero.

Le parole sono fondamentali per dialogare e per trovare la pace fra i popoli. Per noi che viviamo in rete “www.” nello spazio aperto e orizzontale, usiamo parole povere perchè prive della forza di emozionare. La pace bisogna vederla, sentirla, volerla, desiderarla, cercarla nel pensiero, attraverso le parole che hanno la forza del dialogo, portando l’uomo nella cultura sociale.
Il Capo di Leuca è una terra aperta alla porta del tempo. Ha vecchie radici profonde e antiche della fede e della cultura greca e ilatina. È una terra di passaggio e di incroci fra popoli aperta al credo Cristiano e ai valori politici della Polis. Infatti le porte del Santuario in bronzo, dell’artista Armando Marrocco, rappresentano proprio l’accoglienza dei migranti nella terra generosa aperta ad accogliere il “diverso” e pronta a rispettarlo.
Le parole della lampada “la luce per la pace” ci aiutano a vedere come dare una mano per accogliere il diverso e con quali parole raccontare i rapporti di pace fra i popoli diversi. Sono le parole Luce e Pace del vocabolario del grande Don Tonino Bello che spese la sua vita per educare la gente ad accogliere il diverso e a rispettarlo come fratello.

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Giornata mondiale dell’insegnante

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Il 5 ottobre ricorre la giornata mondiale dedicata alla figura dell’insegnante. La professione dell’insegnante oggi è al centro di una profonda rivoluzione che riguarda molte discipline, dalla matematica alla fisica, dall’italiano alla storia, dalla pittura alla grafica. La figura dell’insegnante viene messa seriamente in discussione dall’ultimo traguardo della tecnologia Chat GPT, capace di produrre testi, di scrivere libri, di creare progetti.

Questa tecnologia mette in discussione il ruolo dell’insegnante e soprattutto la scuola che da sempre è stata l’agenzia più importante della formazione della persona. Oggi avere una giornata internazionale dedicata a questa figura significa, per tutti noi, riflettere su come valorizzare il ruolo dell’insegnante nel fare educazione nel terzo millennio.

Il Teatro Koreja ha avuto sempre grande cura, grande interesse e soprattutto grande apertura per collaborare con la scuola, ed in particolare, con i docenti. Il teatro, le biblioteche, i musei e comunque tutte le altre arti, sono chiamate a riflettere sulla figura e sul ruolo dell’insegnante nella giornata a lui dedicata. 

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“Io Capitano” candidato alla mostra internazionale del cinema di Venezia

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Sarei veramente contento e ancor di più felice se il film: “Io Capitano” di Matteo Garrone vincesse il Leone d’oro perché è un film che apre un punto di vista diverso sull’immigrazione, liberandola da tutti i pregiudizi che condizionano la lettura e soprattutto la visione del grande problema sociale dell’immigrazione.

Nel film di Garrone infatti Seydou e Moustapha, nome dei protagonisti, sono due giovani che decidono di abbandonare il loro paese, il Senegal, per trovare fortuna nel mondo. La grande forza, straordinaria e profonda, dei due protagonisti è quella di credere e di lottare per avere futuro.

La forza viene dalla cultura, in particolare dalla musica: l’arte che più di tutte non ha confini, non ha barriere, non ha difficoltà di lingue, non ha problemi di conoscenza; la musica fra tutte le arti, è quella che si muove in un paesaggio pubblico, negando paesaggi privati.

La scelta di raccontare il film dal punto di vista dei giovani protagonisti, Seydou e Moustapha, ci fa vedere il viaggio vero, autentico, di sacrificio di chi guarda all’Europa come il continente dove costruire il proprio futuro. Garrone con il suo film, Io Capitano, denuncia tutti i limiti dei nazionalismi corporativi chiusi incapaci di accogliere il diverso. L’emigrazione é nata con l’uomo, la politica non la puó impedire, la cultura la rende viva e quindi potrà un domani costruire e favorire una società diversa in cui l’uomo non ha paura dell’uomo. Mi auguro veramente che Matteo Garrone possa vincere il Leone d’oro perchè sarebbe anche il trionfo della mostra del cinema di Venezia.

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Se un bambino muore nel mare, il dolore dura solo un giorno

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Sull’isola di Lampedusa sono arrivati più di sei mila immigrati disperati, fra di loro una ragazza di 17 anni aveva un bambino, la barca si é rovesciata e il suo bambino di 5 mesi é morto annegato.

La morte di un bambino crea dolore, causa disorientamento, smarrimento dei sentimenti, disperazione del cuore. La sua morte la percepiamo ingiusta, la sentiamo nostra, ci sentiamo responsabili impotenti. La grande migrazione crea disorientamento sociale perché non siamo preparati e disposti all’accoglienza.

La politica fa accordi con i paesi dell’Africa: Libia e Tunisia, da cui partono i disperati; finanzia i trafficanti di persone e non crea invece le politiche necessarie per affrontare il grande problema dell’immigrazione del nostro secolo. La politica condanna l’immigrazione con politiche repressive, costruisce muri, penalizza le ONG e fa cartello con i paesi sovranisti. Il ministro Salvini interpreta e vede nell’immigrazione la guerra contro l’Italia: non si rende conto di quanto veleno ha nel suo cuore e di quanta indifferenza nei suoi occhi. Il bambino di solo 5 mesi annegato rimane solo per un giorno nella cronaca dei giornali e delle televisioni, poi tutto finisce, anche il dolore si dimentica.

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8 settembre: giornata internazionale dell’alfabetizzazione

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L’8 settembre ricorre la giornata internazionale dell’alfabetizzazione. É una giornata straordinaria per l’importanza del tema è soprattutto per la rilevanza nella formazione culturale.

Per l’Italia é una giornata ancora più importante, perchè l’11% della popolazione scolastica abbandona i banchi di scuola e quindi inesorabilmente riempié le fila degli analfabeti. La scuola ha un ruolo fondamentale per superare e combattere l’abbandono scolastico.

Servono risorse ingenti per avere una scuola capace di educare, attrezzata di aule, di tecnologia, di palestre , di tempo pieno, di insegnanti preparati e specializzati. Sono questi tutti capitoli di spesa che la politica non ha voglia di vedere. Il governo in carica infatti, nella nuova finanziaria minaccia tagli proprio nella scuola. Il PNRR per la scuola prometteva finanziamenti di oltre otto miliardi per costruire asili, palestre, aule fini alle Università.

Nella revisione, del ministro Raffaele Fitto, al PNRR dei 140 punti, molti riguardano la scuola. Raffaele Fitto, nella sua facile carriera di successo politico, non ha mai avuto grande interesse proprio per la scuola ed è forse questa una delle ragioni del suo disinteresse. I soldi del PNRR per la scuola dovevano superare le differenze in campo formativo della scuola fra Nord e Sud del paese. Questo obiettivo ormai possiamo dire che l’abbiamo perso.

Al ministro Fitto, Giorgia Meloni ha consegnato il compito dello sviluppo del Mezzogiorno, progettando un’unica zona “ZES” per facilitare lo sviluppo del sud risolvendo i gravi problemi che non sono nati oggi ma sono vecchi di anni.

La lotta contro la dispersione scolastica e soprattutto per avere una scuola capace di rispondere ai bisogni formativi delle nuove generazioni appartiene all’Italia e non puó essere vinta se viene consegnata alle aule parlamentari in cui i partiti proprio per la scuola non hanno nessuna credibilità e soprattutto la fiducia del Paese.

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