Quando la morte ci insegna a pensare
Visioni
di Gigi Mangia
La tragica storia di Luca Attanasio, diplomatico in Congo, ci fa molto pensare sul perché sia morto sfidando la paura, per affermare i valori della solidarietà e difendere i bambini in quella terra senza istruzione. La paura del Coronavirus ci ha chiusi dentro i confini sicuri degli Stati, ci ha disarmati dalla sensibilità e dalla capacità di fare il bene dell’altro, di accoglierlo e di saperlo ascoltare.
La paura è un muro alto ed insuperabile ai nostri occhi e ci impedisce di vedere la sofferenza degli ultimi, degli esclusi, degli emarginati, degli schiavi. Il giovane ambasciatore non si era chiuso. Non era prigioniero della paura. Ai confini chiusi aveva scelto di vivere sulla soglia, per avere gli occhi aperti sul mondo, per conoscere il disagio sociale, per combattere l’ingiustizia e liberare i bambini, gli innocenti senza colpa.
Luca Attanasio credeva nell’istruzione dei giovani e vedeva nella scuola la strada del futuro, per un mondo finalmente rispettoso dei diritti fondamentali della persona. Luca Attanasio è morto sul campo dell’impegno civile e solidale, la sua fine dolorosa ci ha insegnato a riflettere, ci ha esortato a non essere indifferenti, ma attenti all’ingiustizia. Attenti a non subire la paura che ci chiude gli occhi e non ci fa vedere il male.