Renato Chiocca/Giada Prandi
ANNA CAPPELLI
di Annibale Ruccello
Nell’ultimo lavoro drammaturgico di Annibale Ruccello, il monologo di una “deportata” della vita; una donna che prova, attraverso rinunce e compromessi, ad essere felice.
Latina, anni ’60. Trasferitasi da Orvieto per lavorare come impiegata comunale, Anna vive in affitto dalla signora Rosa Tavernini passando le sue giornate tra casa e lavoro, da sola. Le sue piccole certezze cominciano a crollare quando a casa suo padre vuole dare la sua camera a sua sorella Giuliana e quando, un giorno a lavoro, incontra Tonino, il ragionier Tonino Scarpa.
NOTE DI REGIA
Un testo, un’attrice e il teatro come spazio della mente. Ho sempre considerato questo testo di Ruccello un piccolo capolavoro contemporaneo per sintesi, poesia e complessità, e quando finalmente Giada Prandi ha accettato la mia proposta di interpretarlo, la nostra Anna Cappelli ha cominciato a vivere, rivelandosi immediatamente per la sua universalità, fuori dal tempo.
Vive nell’Italia del boom, ma è vittima di un’implosione che la porta alla disperazione.
Come molti di noi oggi sovraesposti agli stimoli dei social network, della pubblicità e di modelli di vita esterni al nostro reale quotidiano, Anna ha una sovraesposizione mentale ed emotiva che contrasta con le sue capacità di elaborazione. E’ un’impiegata. La sua estrazione la costringe ad emigrare per lavoro, e dalla tradizionale Orvieto si muove a Latina, una città nuova (la nostra città, di Giada Prandi e mia) fondata dal Fascismo e allora priva di radici identitarie. Condivide quindi con molti di noi oggi uno stato d’animo di sradicamento. Si muove per lavoro con delle aspettative e dei desideri che non riuscirà a concretizzare e che faranno emergere in lei il suo lato più oscuro. Si attacca alla casa, all’amore, ma sprofonderà nell’abisso.
Nel nostro allestimento abbiamo cercato di entrare nella testa e nel corpo di Anna, per raccontarla in tutte le sue sfumature, nei suoi pensieri e nelle sue emozioni, stilizzandola ma andando oltre la maschera, mantenendo il palco come la scatola vuota che lei stessa vuole creare, teatro di un viaggio empatico e straniante nell’animo umano, che parte commedia e finisce in tragedia.
con Giada Prandi scene Massimo Palumbo costumi Anna Coluccia luci Gianluca Cappelletti musiche Stefano Switala regia Renato Chiocca