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immagine di copertina Dietro le sbarre

Dietro le sbarre

Visioni
di Gigi Mangia

Dietro le sbarre del carcere non c’è il riscatto sociale, la rieducazione degli esclusi perché perdiamo tutti davanti al fallimento della pena intesa come recupero del delinquente. I

l 2024 è stato un fallimento sociale, quello del carcere, perchè sono stati 84 suicidi di detenuti che non hanno retto la violenza del carcere: non hanno creduto e hanno preferito la morte. Per combattere il disagio, per contenre la paura, per fermare la violenza, lo stato risponde costruendo più carceri, dando la risposta meno adatta al disagio sociale alla cultura dell’illegalità.

Il carcere è percepito come un contenitore dei disagiati, dei malati, dei poveri, dei tossici, dei delinquenti che non riescono a curare perchè il carcere non è un luogo dove esercitare la cura, dove educare l’uomo ad essere capace di vivere e di avere comportamenti rispettosi delle norme sociali. La libertà non è una virtù, ma un processo lungo e faticoso che si realizza nell’accettazione dei valori della socialità. Il carcere è il tempo della tristezza sociale, il buio dell’educazione: la fine della pena infatti, per il condannato, è senza futuro.

La vita dei condannati nel carcere è quella de essere ancora più soli, più disperati, più cattivi, perchè si sentono sconfitti e non si sentono recuperati. Il carcere distrugge i corpi, annulla i sentimenti e rende torbida la memoria. Il carcere infatti non aiuta a trovare la via per superare e vincere il male; continua ad essere l’inferno sociale dietro le sbarre dei perdenti, gli esclusi della società. Dietro le sbarre fallisce l’educazione, forse per questo il carcere va ripensato.

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