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Aprile 2020

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immagine di copertina Le parole ci cambiano

Le parole ci cambiano

Processi, racconti e punti di vista_Settimana sei

Visioni
di Giorgia Cocozza e Anđelka Vulić

Il nostro teatro ha sospeso le attività sette settimane fa. Era il 12 marzo 2020. Quel pomeriggio l’aria era calda e Lecce silenziosa. Il sole del pomeriggio profumava già di primavera. Quel giorno la percezione delle ore che scorrevano era diversa. Dopo aver messo in ordine il teatro, Andjelka ed io abbiamo salutato i nostri colleghi. Ci siamo “abbracciati” con sorrisi e lacrime (rigorosamente) a distanza. Ho preso la macchina e siamo andate al supermercato. Una volta arrivate a casa, abbiamo messo in ordine la spesa e ci siamo sedute in cucina. Abbiamo messo sul fuoco il caffè: era arrivato il momento di provare a mettere in ordine i pensieri. Andjelka ed io lavoriamo e viviamo insieme da quasi due anni. Passiamo molto tempo insieme. Quindi, ci capita spesso di provare ad ordinare i pensieri insieme. Abbiamo entrambe i capelli biondi e gli occhi azzurri, ma, io e Andelka, parliamo due lingue diverse. Siamo nate e cresciute in due Paesi diversi. In verità, col tempo, abbiamo scoperto di parlare la stessa lingua. Quella dei sentimenti, del rispetto, dell’ascolto e della fiducia. Le nostre culture si intrecciano nel dialogo e nel confronto cresciamo insieme anche noi. Il vocabolario degli esseri umani può incredibilmente assomigliarsi, a prescindere dal luogo in cui si è nati, dal colore della propria pelle o dalla propria fede religiosa. Quel giorno, il 12 marzo, ci sentivamo dentro una bolla e, mentre bevevamo il caffè, ci siamo dette che ci risuonavano in testa le stesse parole. Così abbiamo ideato questo gioco a distanza con i ragazzi di un laboratorio che curavamo insieme il venerdì pomeriggio: “Le parole ci cambiano”. Questa settimana abbiamo deciso di fare una pausa. Riprenderemo il lavoro con i ragazzi tra sette giorni. Nel frattempo, ci siamo messe a ragionare su quello che per noi significano le parole.

Le parole, oggi e domani

Qualche volta, le parole si aggrovigliano nella mente e sulla lingua. Qualche volta, le parole sono così tante da sovrapporsi mentre le pronunciamo, fino a farci balbettare. Qualche volta, in verità, si ha troppa fretta di parlare…

Qualche
volta, purtroppo, si parla anche prima di pensare.

Qualche
volta, le parole sono troppe.

Qualche
volta, tuttavia (per fortuna), le parole mancano.

Non
bastano.

Sono
insufficienti a saziare, a vincere, a raccontare.

Sono
inadeguate ad esprimere una sensazione che c’è e basta.

Qualcosa
esiste e non la si riesce a decodificare con le parole.

C’è gente che ha una teoria su qualsiasi cosa. Anche su quello che non conosce. Le parole che scegliamo, che pensiamo, che diciamo, che agiamo, cambiano il nostro “modo” di percepire quello che accade attorno e dentro di noi. Il nostro “modo” è nostro e, quindi, dipende da noi. Il “modo”, il “come”, fa sempre la differenza. Nella vita e a teatro. Se il nostro “modo” dipende molto dalle parole che usiamo nella nostra quotidianità, cerchiamo di scegliere quelle giuste. Le parole giuste possono salvarci. Le parole ci cambiano. Apriamo l’armadio delle parole, ogni giorno, scegliamo un capo-parola che ci avvicini a quello che può essere il nostro “modo” di stare bene, di essere felici.

Giorgia Cocozza

La
parola

La parola è libera. Sa come cambiare forma. Sa evolversi. Sa accarezzare o colpire, a volte allo stesso tempo. La sua durata può corrispondere solo al tempo di un respiro o può rimanere per sempre scritta. Un mucchio di parole può essere sostituito da una sola parola apparentemente debole. A volte è sufficiente una sola parola per sbrogliare il mucchio di parole fragorose. E alcune parole non dette possono risuonare per secoli. Possono essere forti come la prima parola di un bambino e sottostimate come una semplice frase: come stai? Le parole traducono i nostri segreti più profondi e le parole possono viaggiare in 7.117 lingue diverse. A volte si perdono in quelle traduzioni. Si confondono anche a distanze minori. Quindi, dobbiamo usarle con molta attenzione. Soprattutto in questi giorni. Perché ora le parole devono completare i baci iniziati, gli abbracci insufficientemente scambiati e sussurrare i tocchi.

Andjelka Vulic

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