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Si chiude il capitolo della mafia stragista , ma non è la fine della mafia

Visioni
di Gigi Mangia

L’arresto del latitante Matteo Messina Denaro è una grande, importante e storica vittoria dello Stato, perché finalmente si chiude il capitolo della mafia stragista, ma non è la fine della mafia.

Bisogna fare i complimenti alla procura di Palermo, al grande impegno investigativo del Procuratore Maurizio De Lucia e del Sostituto Paolo Guido come all’impegno straordinario per le qualità investigative del Generale dei Carabinieri, Pasquale Angelo Santo, per essere riuscito ad arrestare “lu siccu” Matteo Messina Denaro, mettendo fine alla sua latitanza di trent’anni. Per lo Stato è una grande vittoria contro Cosa Nostra, ma non può essere considerata la fine della mafia.

La mafia in Italia ha una presenza di oltre 160 anni e per combatterla ci sono state 17 commissioni parlamentari, ma non è stata sconfitta. Il nuovo Parlamento non ha ancora eletto la nuova commissione anti-mafia, manca la legge, ed è in ritardo. La mafia è un fenomeno complesso del costume italiano. È un processo liquido che condiziona le classi sociali. La mafia entra nella cultura, gode dei favori della borghesia, vive e fa affari nell’economia, condiziona e gestisce la grande distribuzione nei supermercati. La mafia si sostituisce alla Stato. Offre un welfare alternativo, da lavoro e si cura dei poveri e garantisce loro l’assistenza.

Oggi la letteratura racconta la mafia keynesiana, quella che è interessata alla realizzazione delle grandi opere pubbliche. La mafia, infatti, costruisce grandi opere, poi le distrugge, come fa con i ponti, le strade e gli ospedali e poi li ricostruisce. I reati della nuova mafia non sono più quelli del sangue e della lupara, ma i reati illegali di interessi economici nella realizzazione delle grandi opere che valgono miliardi. La mafia keynesiana, infatti, è eserta nel prendere gli appalti, è specializzata nella cura dei rapporti con la pubblica amministrazione, sa fare affari con la politica e le banche compiacenti. La mafia alla guida di Matteo Messina Denari è quella che segue i soldi. Il latitante di Campobello di Mazzara è il leader indiscusso di questo movimento, il quale però ha a sua disposizione una rete e mafiosi preparati negli studi fatti nelle grandi Università e quindi in grado di muoversi sui mercati finanziari internazionali. Questa forma di mafia 4.0 è la mafia digitale e dello smartphone.

Matteo Messina Denaro è l’archivio della mafia stragista di Cosa Nostra, essendo stato protagonista diretto dei grandi attentati che hanno colpito Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ed è anche la cassaforte di tutti gli affari illegali in Italia e all’Ester delle amicizie e dei rapporti. Difficilmente il mafioso parteciperà, aiutando i giudici alla ricerca della verità. Matteo Messina Denaro non collaborerà, sarà muto e non rivelerà nessun segreto. Questa considerazione nasce dalla biografia personale di Matteo Messina Denaro, fatta di sangue e di violenza senza scrupoli. Nasce anche, dalla famiglia: Don Ciccio Messina Denaro, suo padre, è stato un latitante morto in libertà però. Nella storia della mafia, la successone dei capi avviene secondo regole chiare e rigide, come una vera monarchia assoluta. La mafia continuerà e la strada dei nuovi interessi, soprattutto nell’economia, non finiranno. Bisogna combatterla quindi sui soldi. Un grande impegno in politica deve essere quello di impedire alla mafia di partecipare agli appalti, di condizionare la politica e le pubbliche amministrazioni, soprattutto di indagare quella zona grigia della borghesia mafiosa che, senza essere disturbata, continua a fare affari. In particolare, una grande attenzione va rivolta ai soldi del PNRR che potrebbe essere il piatto d’argento della mafia dei colletti bianchi.

La cattura di Matteo Messina Denaro è sui siti e nei telegiornali di tutto il mondo, ma le ombre, i dubbi, le pagine oscure e le molte domande ancora senza risposta, rimangono nella nostra storia. Le risposte spettano alla politica e in particolare alla cultura e alla scuola che devono portare il Paese verso una grande educazione legale, che metta fine alla mafia lunga di 160 anni nel costume italiano.

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