Vedere le parole con gli occhiali maschili
Visioni
di Gigi Mangia
Luigi Romani, direttore della sezione “Sinonimi della lingua Italiana” dell’enciclopedia Treccani online, dizionario della lingua italiana più conosciuto nel mondo, vede le parole con gli occhiali maschili e fa un gravissimo errore, da studioso e da uomo di mancanza di intelligenza perché si rifiuta di correggere il suo errore richiesto con una lettera indirizzata alla Treccani firmata da oltre 100 donne impegnate nella cultura.
È un modello, quello di Luigi Romani, maschile, sessista, razzista, superato dalla storia archiviato dalle lotte per l’emancipazione delle donne, dalla dichiarazione di tutte le convenzioni internazionali sul rispetto dei diritti e sul riconoscimento della parità di genere.
Voler considerare sinonimi della parola Donna: “donna da marciapiede, cagna, zoccola, serva” significa perdere il senso della cultura e soprattutto essere fuori dalla storia. Queste parole dovrebbero essere superate. La donna si è liberata di questi stigmi infamanti e si è affermata, superando l’uomo nei ruoli più importanti della scienza, della cultura, della politica, dell’economia. Le donne del XXI secolo sono impegnate nelle missioni spaziali, nella direzione dei centri di ricerca, sono rettori nelle università e sono arrivate anche alla vicepresidenza degli Stati Uniti, con una donna nera, Kamala Harris la quale, ha ragione, ha affermato di non essere la prima. Le parole danno vita al pensiero, lo rappresentano. Le parole sono la sintassi che animano il “genius loci” e rappresentano i volti e i luoghi e promuovono e regolano i rapporti sociali. Le parole hanno scadenza, perdono il significato rappresentativo, sono superate dalla storia, perché sono figlie del tempo.
Nella Francia del secolo scorso, fu una donna ad inventare un sinonimo, molto più elegante di quelli della Treccani: “Donna squillo”. Si chiamava Madame Claude. Il suo talento imprenditoriale fu quello di avere l’idea di sfruttare il telefono per evitare ai clienti noti di esporsi di persona nel recarsi nei bordelli. Fu lei a coniare il termine “ragazze squillo” molto adatto al sistema di prostituzione nato per garantire la massima discrezione sia ai clienti, sia alle “squillo”. La storia di Madame Claude ci insegna che spesso le parole sono la rappresentazione di comportamenti sociali significativi per la storia in cui hanno un tempo e che però non sono sempre valide, ma funzionali alla geografia sociale secondo i tempi e le tradizioni.
Le parole sono come i capelli, cadono o diventano bianche, a volte perdono di significato, altre volte diventano volgari e offensive, addirittura immorali.
Il dizionario Treccani non ha scuse, dovrebbe modificare l’errore commesso, poiché quelle parole non sono sinonimi di donna ma, più che altro, epiteti fuori dalla civiltà e dalla cultura, superate dalla storia.